MARIO TROSO

"ITALIA! ITALIA! LA PRIMA GUERRA DI INDIPENDENZA ITALIANA 1526-1530”

  “Con gli assedi di Milano, Napoli, Firenze, il Sacco di Roma e le battaglie di Capo d'Orso e Gavinana”

Per la prima volta viene trattata nel suo insieme la guerra che si svolse in Italia tra il 1526 e il 1530 coinvolgendo la penisola dalla Lombardia alla Calabria. Nei testi di storia essa appare per lo più come un episodio della lotta tra Francesco I di Francia e Carlo V d'Asburgo con la denominazione fuorviante di Guerra di Cognac, località dove nel maggio del 1526 venne stipulate il trattato di alleanza tra Roma, Firenze, Venezia, Milano e la Francia contro l'imperatore Carlo V, ma   è, in realtà, la prima guerra combattuta dagli Italiani per la loro indipendenza. Il nostro Ottocento ne ha riconosciuto il vero significato, ma ne ha privilegiato soltanto singoli episodi e personaggi assurti a simbolo di valori risorgimentali: Sacco di Roma, Assedio di Firenze, Battaglia di Gavinana, Giovanni de' Medici delle Bande Nere, Francesco Ferrucci, Andrea Doria... Questo conflitto, con il panorama politico italiano caratterizzato da gravi incertezze che ne fu la base, è stato qui ricostruito nella sua completezza.  II volume è suddiviso in 3 parti:  primo periodo italiano, 1526-1527, col preponderante intervento degli Stati italiani;  periodo francese, 1528-1529, con l’intervento predominante dell'alleata Francia;   secondo periodo italiano con la guerra che la Repubblica di Firenze, isolata, combatté  tra il 1529 e il 1530. Un ampio corredo illustrativo presenta armi e visualizza, ricorrendo a mappe, tutte le descrizioni che hanno riferimenti topografici: assedio di Milano, assedio di Napoli, scontri nel Serraglio mantovano, assalto a Roma, assedio di Napoli e assedio di Firenze. Nel complesso 289 pagine, 69 figure in bianco e nero e 32 tavole a colori.

Rilegato con sovracoperta, Ermanno Albertelli Editore, Parma (2001).

ISBN 888737225X 9788887372250

                      DA UGO FOSCOLO A PIER PAOLO PASOLINI E OLTRE

Gli storici posizionano generalmente la nascita del popolo italiano tra il 950 e il 1150 della nostra era, ma per la maggioranza degli Italiani la storia comincia con il 1848: Carlo Alberto, i Piemontesi e gli Austriaci.  Prima c’è qualcosa di incerto che emerge dalla nebbia di mal digeriti ricordi: sono pochi gli  Italiani, ci sono piuttosto Fiorentini, Veneziani, Napoletani, Spagnoli… non manca il Papa né  un Giovanni delle Bande Nere, forse fa capolino qualche Masaniello. Insomma un’Italia “espressione geografica” ricca però di monumenti, di piazze e di tante chiese, ma Italiani poverissimi della loro storia.

Il 22 gennaio del 1809 Ugo Foscolo leggeva all’Università di Pavia la prolusione Dell’origine e dell’uffizio della letteratura con l’invito: O Italiani io vi esorto alle storie!, ma a distanza di quasi 200 anni non sembra proprio che esso sia stato accolto, anzi la situazione è certo peggiorata se ai nostri giorni, nonostante la drastica diminuzione dell’analfabetismo e l’aumento della scolarizzazione, Luigi Barzini afferma: Il nostro passato è stato dimenticato  o rifiutato°, Sergio Romano definisce l’Italia:  Un paese che non ha passato e non sembra aspirare ad averlo°,  e Aldo Schiavone intitola un suo saggio: Italiani senza Italia[1].

Gli Italiani sono dunque senza radici né si preoccupano di cercarle, ma perché?

Anzitutto perché siamo condizionati dall’equivoco che la Storia d’Italia cominci dal 1848. Giustamente, Umberto Cerroni scrivendo il suo saggio[2] lamenta: Di fatto la nostra memoria statuale sembra ancor chiusa nel giro ristretto del circuito ottocentesco - risorgimentale.  E’ questa una limitazione che impedisce infatti agli Italiani di avvicinare le loro radici, così che potremmo ancora oggi immaginarli immersi in un mare d’ignoranza storica con un’unica isola dove approdare a fatica: il Risorgimento.

In secondo luogo perché la scuola manca al compito d’insegnare  la nostra storia. Pier Paolo Pasolini ha provocatoriamente stigmatizzato questa lacuna scrivendo: La storiuzza italiana che si insegna nei tre anni delle medie è una cosa ridicola che poi rende stupido per tutta la vita°!

Che sia proprio la scuola  a mostrarsi  inadeguata nei confronti di un valido insegnamento della Storia risulta anche dalla lettera al Corriere della Sera di Romano Bava di Pallanza che in data 15 luglio 1996, riferendosi ad una indagine televisiva sugl’imminenti esami di maturità, scriveva a Indro Montanelli: In generale molti studenti si auguravano che non venissero proposti argomenti di Storia...molti giovani hanno in odio (!) la storia…, e ne chiedeva un parere.  Il giornalista, dopo aver criticato il modo col quale in Italia si scrivono libri di storia, concludeva sconfortato affermando che il rifiuto della Storia è il rifiuto della cultura.

Occorre quindi che finalmente nelle scuole si affronti il problema, trovando il modo di suscitare la curiosità degli alunni, ma anche uscendo dai limiti angusti del Risorgimento per raggiungere  tanti altri eventi fondamentali per la nostra identità. Se non superiamo questi limiti resta un buco di almeno 8-9 secoli nella storia degli Italiani e soprattutto viene a mancare  il contatto con le nostre radici.



[1] Aldo Schiavone, Italiani senza Italia. Storia e identità. Torino 1988.

[2] Umberto Cerroni, L’identità civile degli Italiani. Lecce 1996.

° Citazione in appendice al saggio L’identità civile degli Italiani del Cerroni.